Addict Ameba

Usciamo dal secolo della misura per ritrovare un respiro comune

Dopo “Panamor”, disco d’esordio pubblicato in piena pandemia nel 2020, apprezzato e salutato con curiosità dalla critica, dopo aver suonato in lungo e in largo, affiancandosi ad artisti del calibro di Meridian Brothers, Moses Boyd e Seun Kuti, torna con il secondo album, “Caosmosi” (La Tempesta / Black Sweat Records), il collettivo musicale più multiforme e imprevedibile d’Italia: Addict Ameba!

Dal quartiere milanese di Casoretto con gli occhi e il cuore aperti verso il resto del mondo, Addict Ameba – che negli anni ha ospitato a giro quasi venti musicisti e che attualmente ne conta undici – riparte dalla propria base al Guscio Studio, covo sotterraneo di Lorenz, produttore artistico dell’album e pirata degli Al Doum & the Faryds. Questi ultimi sono tra i capostipiti di una dinastia sgangherata e psichedelica che dal nord-est di Milano parte alla mercé di una bussola impazzita (si pensi alle eco orientali dei Mombao, all’afrobeat mediterranea de Il Mago del Gelato, alla electro-cumbia di Cacao Mental o alla balkan techno di Mefisto Brass fino alle sperimentazioni performative della KBB Orchestra) di cui Addict Ameba sono diventati tra gli ambasciatori più riconosciuti e fieri.

Fedeli all’obiettivo di far convergere percorsi, tradizioni e orizzonti diversi nella propria musica, per le registrazioni di “Caosmosi” Addict Ameba hanno arricchito la loro formazione con gli ingressi della batterista Julie Ant (Baustelle, Colombre, ChielloFSK), del pianista Thomas Umbaca e del sax di Lorenzo Faraò (Mefisto Brass).

“Caosmosi” è crasi di caos e cosmos, disordine e ordine, o forse l’unione di caos e osmosi, vale a dire il dissolvimento omogeneo del primo nel mondo. “Caosmosi” è una parola e un’idea che accoglie e fonde l’avanzamento caotico del presente con un ordine generativo, un ipotetico “inter-essere” in cui vige la fratellanza piuttosto che la filiazione, in un presente squassato da genocidi in mondovisione, influencer e persecuzione degli ecoattivisti che protestano per il futuro della specie umana. “Caosmosi” è punto di contatto tra l’infinita apertura di possibilità – mentali, psichiche, estetiche, sociali – e la chiusura completa e totalitaria, cioè la prospettiva in cui i percorsi dell’esperienza sono in qualche modo preconfezionati dai soggetti comunicativi di potere.

“Caosmosi” è anche un richiamo al titolo dell’omonimo libro del filosofo francese Félix Guattari, che cerca di individuare nuove traiettorie di uscita dal delirio del post-moderno: linee e tuoni che approfittino del caos attuale costruendo traiettorie inedite e sovversive, come certa musica o poesia sanno fare.

I brani dell’album sono in gran parte composti e interamente prodotti dal suddetto Lorenz, gli arrangiamenti sono eseguiti in sala di regia aggiungendo uno strumento alla volta, partendo da una sorta di tabula rasa, determinando via via il sound grazie al contributo di ogni membro, ciascuno col suo diversissimo retroterra, dall’afro al punk. La musica cerca, senza troppi giri di parole, di abbandonarsi alla passione per l’ineluttabile forma strofa-ritornello. Ci si sposta tra paesaggi desert-blues e afrobeat, con cavalcate latin rock e parentesi ethio-jazz.

La visione dell’album è ulteriormente arricchita da due featuring di assoluto pregio: Joshua Idehen, poeta e cantante anglo-nigeriano e penna di Sons Of Kemet e The Comet is Coming, è autore e voce protagonista in “Look At Us”, una poesia – o forse sarebbe più corretto dire una preghiera – dai molteplici livelli di lettura, un invito rivolto ad essere protagonisti e cambiare questo tempo, prima che lui cambi noi; Rabii Brahim, attore e musicista tunisino tra le anime del collettivo Milano Mediterranea, della compagnia Corps Citoyen e resident di Armonika, che in “Ya Bled” dà alla luce un canto d’amore per la sua terra, raccontando la nostalgia e lo spaesamento del migrante, anche quando torna in patria.

“Cerchiamo una maniera di evolvere ritmicamente con il cosmo. Usciamo dal secolo della misura per ritrovare un respiro comune”.

Per approcciarsi all’ascolto di questo disco bisognerebbe proiettarsi quello stato di malinconica euforia che si vivrebbe prendendo parte all’ultima grandissima festa prima della scomparsa del genere umano… Caosmosi!

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